25.7.12

BREVI CONSIGLI DI GETTO PER DIFENDERSI DAI LUPI SE INDOSSANO LA LANA

Diffidate di chi in Dio non ci crede, di chi un giorno v'ha detto 'la verità non esiste': ne ha molte terribili nel cruscotto. Diffidate dei campioni democratici: sono i primi tiranni. Diffidate di chi ha piena la mascella di diritti. Diffidate dei sofisti. Diffidate del concetto di riforma: si usa col fine di non cambiare nulla. Diffidate del mercato: il mondo non è la trottolina che gira. Diffidate di chi non prega, perché non sa innalzarsi. Diffidate di chi non si pente. Diffidate di chi entra in Chiesa senza inginocchiarsi. Diffidate di chi dalla Chiesa tiene fuori i rosari. Diffidate di chi crede nell'uomo, ché chi non s'abbassa non può credere nell'uomo. Diffidate di chi vuol stare senza l'altro: ha già usato gli altri. Diffidate di chi si circonda di rumore: porta al guinzaglio la sua confusione. Diffidate di chi da un libro crede d'essersi redento: i libri non salvano nessuno. Diffidate di chi è pieno di sapienza. E diffidate di me, se vi pare. 

UNA CANZONE DANESE



Viaggio per parole, in cerca di frammenti
usati parzialmente che parlano di cose,
stati, d'animo colori. A prenderli, masticarli sulla lingua,
con un giro orario della bocca ruminare.
Siamo le parti d'amore e dolore
della stessa vite del mondo.

18.7.12

PER DOMESTICHE ABITUDINI

L'odore dei morti al tavolo coi vivi
già vedo le sequenze del pre-funerale,
il tragitto della salma
per domestiche abitudini.
Come quando fingevo per amore. 
Ho troppo sgraffignato nella bara
per poterti dare oltre 
la mia spalla.

17.7.12

[...] Il mondo della Terra è allora definito da Aristotele, mondo sub-lunare. Nel mondo sub-lunare le cose si muovono seguendo i due tipi di movimento rettilineo: verso il basso o verso l'alto. 

16.7.12

LO STESSO TRONCO

Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Mt 10, 37-38

ci sono persone, poche, garanzia del nostro dolore. loro pregano perché il nostro male cessi, o si attenui. lo prendono tutto addosso, smettono di dormire anche, non possono fare diverso. noi crediamo che soffriranno fino a quando noi soffriamo, come se dipendessero da noi per tutto. e dipendono da noi moltissimo: il nostro bene è il loro bene. ma c'è dell'altro: ce n'accorgiamo quando a noi, così strapieni di dolore, proprio a noi chiedono preghiere. e sembra per un attimo che tutto sia stravolto, che qualcosa - finalmente? - sia cambiato: o forse niente, se non che c'accorgiamo, noi uomini dappoco, che siamo lo stesso filone di persone, lo stesso tronco famigliare. che tutti abbiamo bisogno di preghiere, di farci carico dell'altro. che tutti al buon Dio, tra noi, dobbiam stare attaccati: che tutti noi siamo legati. 

14.7.12

SALVE REGINA

Dimostratevi pronti alla guerra e avrete la pace,
Chiara Ferrari, 2008

scappa il mondo dalla data, è già l'ora
di commemorazione
come sempre mi sono abituato
è vero ancora che si muore

è vecchio il prato, continuo a tagliare:
fa gialla l'erba sul fondo l'estate
Erra una mosca, si arresta
su un libro aperto, là dove è scritto:
<<In principio era il Verbo>>;
dal libro esala il buon odor di Cristo,
e par sia intenta la mosca...
Ma sorvola via lesta
verso un richiamo di ben altro odore.
Clemente Rebora, Le poesie, Garzanti, 1999

13.7.12

una poesia di vittorio sereni

Quei bambini che giocano
un giorno perdoneranno
se presto ci togliamo di mezzo.
Perdoneranno. Un giorno.
Ma la distorsione del tempo
il corso della vita deviato su false piste
l'emorragia dei giorni
dal varco del corrotto intendimento:
questo no, non lo perdoneranno.
Non si perdona a una donna un amore bugiardo,
l'ameno paesaggio d'acque e foglie
che si squarcia svelando
radici putrefatte, melma nera.
<< D'amore non esistono peccati,
s'infuriava un poeta ai tardi anni,
esistono soltanto peccati contro l'amore. >>
E questi no, non li perdoneranno.
Vittorio Sereni, Gli strumenti umani, Einaudi, 1965
per le mie colpe, chiedo scusa

11.7.12

il noi che rifiutasti in giovinezza
griderai tra le rughe insopportabili
(proverai a buttarle dal balcone,
a tardi strapparti di dosso
l'incancellabile
la tua ingombranza)

10.7.12

CAMPANE

(da Notte provincia)

Senti le campane di quella chiesa in fondo!
Senti che lentezza, che suoni con ritardo!
Qui la natura desidera l'uomo,
desidera l'asfalto!
In pianura, dove tentenni,
Hai perso l'orecchio per questi richiami.

6.7.12

una poesia di clemente rebora

Se il sole splende fuor senza Te dentro,
tutto finisce in cupa nebbia spento.
Orrore disperato, Gesù mio,
trovarsi in fin d'aver cantato l'io!

Se poeta salir, ma non qual santo,
perder di Tuo amore anche un sol punto
oh da me togli ogni vena di canto,
senza più dir, nella Tua voce assunto!
Clemente Rebora, Le poesie, Garzanti, 1999
l'apostolica cattolica tradizione ha già tutte le parole da cantare processione. che resta a me che resta da mettere nel cesto? varranno le mie foto se messe nel tuo cesto? o forse il silenzio, è forse il silenzio?

è la gioia senza te che mi tortura,
il paese la stagione senza salmo
quando io testardamente canto...

4.7.12

LA SECONDA DELL'ESTATE

Mi rammarico la mattina dopo
non aver costretto Chiara a raggiungere
il paese con la Canon 500
di strappare a quei rami quella luna
così piena - la seconda dell'estate - 
che tu non gelosa mi puntavi
me, di stagione indifferente,
guardo fiero dentro i calendari. 

2.7.12

L'ESERCITO IN CASA

dicevi papi che la tua generazione non avrebbe accettato per la strada gli autoblindo, tanto meno i corpi di fanteria militare (il mitra l'elmetto l'uniforme la pistola) come cosa nella piazza normale; neanche per combattere la mafia, neanche per un altro brutto male. ché lei, la tua generazione, quella dell'aborto nata a fine anni Cinquanta, avrebbe rivisto l'esercito a Bologna, come se Cossiga fosse ancora al Viminale, o peggio le dittature in Nicaragua americane, nel Salvador, o quella in Cile, santodio che male. ho lo stesso pregiudizio quando, mentre sono con Sara sottocasa, passano in coppia due carabinieri, da un marciapiede all'altro. guardano le case, noi no, fanno finta di non vederci. 
No place of grace for those who avoid the face
No time to rejoice for those who walk among noise and deny the voice
T.S. Eliot, Ash Wednesday, in Poesie, Mondadori, 1972