27.1.13

MENSE MAIO: UN ARTICOLO DI MATTEO BIANCHI

Non battono le ore
di grazia
le campane


Ho estratto questi versi dalla raccolta inedita che mi ha spedito il modenese Giorgio Casali, Mense maio, germogliata dopo il terremoto che colpì noi emiliani lo scorso maggio, come scolpisce solenne il titolo, quasi fosse l'incipit di una preghiera. Difatti, a causa dei danni, numerosi campanili non scandirono più la giornata e «altri saranno i canti della luce» - rincuorava in Terremoto (2003) la cubana Teresa Melo - da intonare, da far risuonare «nell'oscurità» di chi si è trovato ai piedi macerie. Nelle ore della sua peregrinazione, sia a piedi per la campagna, sia in auto nei paraggi di Fiorano Modenese - dove è nato - Casali rammenta i «paesi meno sotto il flash dei quotidiani / [...] gli ultimi sempre in ogni caso», magari tralasciati dai più perché non facevano notizia, e li nomina lui con la parola poetica, insieme alle vittime, scrive «ventisette funerali sono tanti». Definitosi "liberoversista", Casali possiede un lirismo disinvolto, tutt'altro che retorico, rapido e asciutto, che piega la sintassi del verso al contenuto; e più è forte, è decisivo il contenuto, più la sintassi è flessa in suo favore, arco pronto a scoccare un'impressione. Una scelta audace quanto il suo temperamento che, però, si conserva genuino e coerente. [...]

Matteo Bianchi
da "inedito zero", La Nuova Ferrara, 25/01/13.

26.1.13

*

Mi potessi solamente riposare
sui tuoi fianchi che sono come il molo,
fossimo pure già calmi come salmi
per dormire di nuovo la domenica
e tutto il pomeriggio
sul divano accucciati,
succhiate caramelle
benedizioni pasquali. 

15.1.13

NEL BICCHIERE DEI VOSTRI DESIDERI

to A.

"Sono all'apice Kevin, è il mio tempo questo. È il nostro tempo..."
L'avvocato del diavolo, 1997

Avete d'esser molto giovani, ma non sapete. È per non far conti con la morte che credete a chi vi dice di vivere tutto, che ogni lasciata è persa? L'han detto tutti, pure l'amico, ma è una favola vecchia: c'abbiamo creduto, e finché siam soli continueremo a crederci, faremo finta anche se non ci crediamo. Perché siamo condannati, abbiamo le catene: coglieremo l'attimo comunque, caleremo il bicchiere ch'è davanti (ci sia dentro qualunque fugacità: lo so, cara, quanto fascino che dà). 
Abbiamo creduto a tutti quelli che dicevano d'inseguire la nostra felicità; ne parlavano continuamente, l'avevano sempre in bocca: declinava con festa, cinema all'aperto, relazioni umane, amore. Abbiamo creduto a tutto non credendo a niente, ci siamo svuotati. Ora voi, lettori, direte: per fortuna non è questo il mio caso. Penserete d'esser liberi, di non esser levigati dagli eventi. Di non essere corrotti. E che basta esser giovani per redimersi. Presto non sentirete più la parola redenzione: non riuscirà a colpirvi, ne avrete già trovato surrogati; farete sport, volontariato, proverete a ingentilirvi leggendo qualche poeta. 
Sarete in ritardo. Il male no, non lo vedrete dentro di voi, non lo vedete: vi han detto che non c'è, che è un'opinione da vecchi, uno scherzo da preti; perché disturba; una nozione, ecco, solo una nozione che guasta il mare che sono le occasioni, le vostre occasioni, la vostra vita; il bicchiere dei vostri desideri.
Fratelli, ne rimarrete senza; vi troverete stanchi. Finirete a non pensarci, a non darlo a vedere: quando direte che sì, siete felici, in cuore saprete che non è vero. Avrete il corpo pieno di cose e mentirete, Dio quanto mentirete sul dancefloor, sul banco del locale, tirati per la cena di lavoro, con gli amici, negli occhi del vostro nuovo amore: avrete già imparato a sostenere sguardi, a tradire dal principio e così sia. 
Cambiate rotta, prendete in mano quel timone adesso, ché dopo è tardi 
- chiedete a chiunque. 

13.1.13

LA PREGHIERA

da Attaccamenti, 2010

In cuore una prece, fatto vorrei mirare il sole
che oggi ancora danza negli ultimi sussulti d'inverno.
Quanto darei per la pace, volgere un goccio di verità
a chi vuole parlarmi. Un giorno vedrò
a un palmo la strada, la nebbia infinita morire.

11.1.13

una poesia da Notte provincia

Spurgato, speranza seccata,
non ti darei poi molto
a parte questa notte,
sempre più fitta e bella
dove grilli e cicale
non sentono salite.

3.1.13

FIN DOVE QUESTO VENTO SPAZZA VIA IL CIELO

Fosse soltanto un desiderare
d'alzare con due dita la tua gonna
oppure, ancora: fantasticando
di forzarti la cerniera
e poi farti vedere
fin dove questo vento spazza via il cielo
fin dove le alpi di Verona 
si vedono lontane
fin dove dentro