SCRIVONO DI ME

L'ordine degli interventi è cronologico: dal più recente al più vecchio.


La voce del lutto segna come un basso continuo le Domestiche abitudini di Giorgio Casali, un odierno libro di Giobbe che s'interroga senza sconti sul senso ultimo delle cose. È un memoriale, un omaggio a coloro che sono passati, un'àncora per evitare che il loro ricordo sbiadisca tra le onde del tempo. La poesie di Casali è intrisa di pietas e nel dialogo con le sue ombre illumina anche i nostri giorni: si ferma di fronte ai cimiteri o agli ospedali, i luoghi che custodiscono il dolore. È una poesia rigorosa, ma piena di tenerezza, come quella di Giovanni Pascoli, di Seamus Heaney o di Rilke, uno degli autori più amati e più volte evocato. È una poesia che fissa i dettagli, come un biliardino, una bottiglia di candeggina o una rivista sportiva. Ma è questa la grandezza del poeta, che sa versare l'oceano in un imbuto. E così i dettagli rivelano nuovi orizzonti. Tra i momenti più alti, la poesia Per la preghiera di chi prega per noi, che dà immediata testimonianza dell'intensità del libro: "Ricordati di noi Bianca Signora, / prendi le parole di chi spende le parole / e spazio nel cuore per il nostro cuore, / ricordati noi per quelle parole / tu che sai tutte le buone parole – / rischiara, conforta, fa’ pace nel cuore / e le nostre cattive parole ammorbidisci / lascia che passino, che lascino / il cuore portandolo a te che sai / quale strada scavare nel cuore, / Madre familiare, avvocata nostra, / Madre dolorosa di tutti i tuoi figli / dolorosi tuoi, così sia". 

Motivazioni della giuria Premio Camposampiero (su Domestiche abitudini, 8 dicembre 2023)

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“Entro nella notte finalmente,/ c’entro davvero per la strada dritta,/ dritta e lunga, porta a Rubiera. /Girerò fino al nocciolo del buio/ che batte sull’ultimo sole./ Dentro finalmente fino a tutto,/ la provincia che ti lascia/ senza bussola, serena.” Così si apre la raccolta che pagina dopo pagina diviene una serena passeggiata, interrotta da improvvisi fotogrammi che affondano nel giornaliero, quasi come un racconto. Rilevanza importante quindi gli incisi di vita quotidiana a cui fanno da sfondo località familiari e certi singolari aspetti della natura che ci circonda, “sempre in linea sotto la collina sensi unici a parte che voglio rispettare, vagare in un palmo…” “Negi spazi segreti il mistero della verità”, suggerisce il poeta, nelle stringate sequenze che mostrano attenzione per quelle corde che vibrano, capaci di influenzare il pensiero, tra elaborazione sonora della parola e silenzi che affondano nella feconda riflessione del sub conscio. Il colloquio a tratti si apre verso figure del passato, come con il poeta dell’ottocento Walt Whitman al quale chiede l’ascolto dei suoi versi “con le parole dal suolo sporcate di fango.” Una poesia, questa di Casali, che va alla ricerca del significato profondo degli eventi, delle circostanze, delle relazioni con il territorio, il tutto scandito in modo realistico, che si profila, nel ritmo del verso, dentro le particolarità dell’esistenza. (link alla nota

Antonio Spagnuolo (su Notte provincia, ottobre 2023) 

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Nella parola “abitudine” persiste la memoria della sua origine, che è l’habitus latino: qualcosa che ha a che fare con la costituzione di un corpo, e che quel corpo si porta addosso come un’inclinazione e, poi, come una consuetudine. Di un abito quotidianamente poetico ci parla questa raccolta di Giorgio Casali. Che è bella della giustezza di parole scritte per via privata, “domestica”, dov’è un punto d’onore trovare la bellezza in grado di accendere anche l’istante più feriale, facendolo vibrare di un pathos metafisico trattenuto ma incalzante. La poesia di Domestiche abitudini è percorsa da una quieta semplicità che detta la Misura, scritto in maiuscolo a indicare quell’umile disposizione interiore che porta il poeta a interrogarsi sul senso del tempo e dell’amore, e a tradurre la sua inchiesta in asciuttezza e precisione di forme. (link alla nota

Massimo Morasso (su Domestiche abitudini, settembre 2022)

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Una sorta di basso continuo – fatto di voci e citazioni musicali che vanno dai Cccp di Giovanni Lindo Ferretti ai Velvet Underground – attraversa le Domestiche abitudini di Giorgio Casali (Domestiche abitudini. Poesie 2004-2019, Contatti 2020). I numerosi riferimenti musicali che percorrono queste poesie mi hanno ricordato per analogia il sound della scrittura di Tondelli – emiliano come Casali – con le sue colonne sonore a fare da sfondo all’epica adriatica di un romanzo come Rimini. (link alla nota)

Massimiliano Mandorlo (su Domestiche abitudini, 10 febbraio 2022)

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Tra la morte e la strada Casali mappa una vita in relazione, che la sua penna non esita a imprigionare in versi dalla sagace ironia, tratteggiando con un ritmo mai banale istantanee di una quotidianità domestica eppure estremamente desiderabile, anche quando faticosa, anche se dolorosa. La celebrazione di ciò che è vissuto e iterato è commuovente ai limiti dell’assurdo: abituali sono i passi percorsi per le stanze, quotidiane le guerre fredde, un gesto alla finestra si fa simbolo di patria, mentre alcune presenze costanti sembrano fermare il tempo riempiendolo di significato. E in questo tempo, ripetuto ma che di fatto scorre, la bellezza è insita nel già detto, nel già fatto, nello scoprire ogni giorno quel concetto banale eppure mai scontato per cui casa non è un dove, ma piuttosto un chi. (link alla nota)

Martina Toppi (su Domestiche abitudini, 31 gennaio 2022)

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Giorgio Casali ha la grazia di chi si avvicina, con i suoi versi, alla vita in punta di piedi, con attenzione e rispetto, senza eccessi o sbavature: questo trova conferma nello stile piano, comunicativo, parco in figure retoriche, ma ricco in incrinature, frequenti enjambement che creano tensioni interne, allusioni, possibilità. Per Giorgio Casali scrivere è un atto d’amore, la sua prova provata: “un quasi non essere / più noi”. (link alla recensione)

Fabrizio Bregoli (su Domestiche abitudini, 11 ottobre 2021)

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Prim’ancora che con le vicende e le riflessioni narrate, l’incontro immediato avviene con la misura sobria, ma elegante della scrittura. Senza forzature sintattiche e ritmiche, il dettato di Casali colpisce per la matura rotondità del verso e per la musicalità dei versi, pur senza il ricorso a metri fissi e perseguendo un andamento narrativo. (link alla recensione)

Alfredo Rienzi (su Domestiche abitudini, 1 ottobre 2021)

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E tutto sotto il mantello di protezione di rimandi e citazioni illustri, Cardarelli e Rilke, e un titolo che riprende i versi di Sereni, a testimonianza di un percorso che affonda le radici nel passato e tende alla compostezza sentimentale, guarda alla sobrietà espressiva come una salutare conquista. (link alla nota)

Paolo Polvani (su Domestiche abitudini, 22 settembre 2021)

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E il motivo non è solo che in queste pagine si sente una voce che ha dimestichezza con la parola poetica (in tanti oggi scrivono mediamente bene, mostrando di non essere ingenui improvvisatori) o con maestri il cui tono risuona poi dentro le pagine (e questo è comunque un po’ più raro); ma piuttosto è che qui, dentro le abitudini domestiche compare quel vizio familiare dell’obbedire alla vita, del celebrare – tanto l’addio, quanto l’incontro – così come essi sono, cioè accadere non nostro, come conferma lo stesso poeta, citando Charles Wright prima delle sue stanze per il figlio: “come la santità, anche la felicità viene a dispetto di noi”. Quella di Casali è una poesia che torna a essere meraviglia e stupore, e dolore per ciò che non sta nelle nostre mani e di cui tuttavia cerchiamo di prenderci cura (link alla nota)

Corrado Bagnoli (su Domestiche abitudini, 16 luglio 2021)

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Casali testimonia come non sia  facile credere, fidarsi, abbandonarsi, senza avere la tentazione di partecipare, quasi carnefice, alla crocifissione, non potendo sopportare fino in fondo l’idea del volontario, inumano, sacrificio. Perché la gravità, che ci radica a terra, appesantisce anche la testa e lo sguardo e ci impedisce di “verticalizzare” cioè reagire al peso del dolore e del male e, al tempo stesso, guardare in alto, accogliendo il desiderio del Cielo, alto ma non irraggiungibile. (link alla nota)

Maurizio Rossi (su Diarietto cattolico, 15 giugno 2021)

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L’aldilà si rivela, nella poesia di Casali, come un’altra dimensione, con la quale lui dialoga mediante il ri-cordo, l’affidare di nuovo– tramite la “spossante e imprevedibile parola” – al cuore, mitico centro della memoria, care persone ed esperienze passate. Del resto, con la morte chi può dialogare, se non il poeta? (link alla recensione)

Maurizio Rossi  (su Domestiche abitudini, 19 maggio 2021)

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Caro Giorgio Casali, grazie di queste poesie levigate con apparente nonchalance, pensose e svagate, cattoliche e post-punk, ma soprattutto domestiche senza essere intimiste. Ho molto apprezzato il percorso che sale dai morti alle strade ai giardini al Figlio. "Ricordarsi di essere salvati", bel post-it e bel verso. Ancora grazie

Giovanni Sampaolo (nota privata a Domestiche abitudini, 9 febbraio 2021)

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In fondo ogni poeta scrive il suo diario sfidando la morte, rincorrendo abbracci, avendo di sottofondo suoni, musiche, parole, emozioni, un vissuto che lo rendono, quel diario, unico, con il suo stile, il suo timbro… Ma come ogni vero poeta Giorgio Casali sa farci sentire un po’ nostra la sua vita e allora riusciamo a cantare i suoi versi come fossero i nostri. (link alla recensione)

Alessandro Ramberti (su Domestiche abitudini, 11 ottobre 2020)

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Un tessuto uniformemente ricamato si offre alla lettura per una poesia scrupolosamente intrecciata tra memorie ed immagini improvvise. Il sottile filtro di elegante registro aggancia il sentimento che la lirica sussurra per riconciliare le vertiginose distrazioni che il destino impone alla quotidianità. (link alla recensione)

Antonio Spagnuolo (su Domestiche abitudini, 10 ottobre 2020)

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I
Domestiche abitudini la “musica tranquilla” che anima da anni il racconto in versi di Giorgio Casali riesce a tenere insieme, in vivace ed estroso equilibrio, riflessione autobiografica e vocazione mistico-filosofica. Giunto a questo primo libro della compiuta maturità, Casali scrive un’originale poesia lirica in forma diaristico-memoriale, dando voce commossa agli echi e alle risonanze familiari e amicali delle questioni interiori che più lo ossessionano: la coscienza del tempo che scorre inesorabile, la presenza costante della morte, il tentativo di carpire schegge del sacro nello spazio-tempo della quotidianità, dal flusso della quale sa spiccare gli attimi eterni che prefigurano un senso. Dal “basso” di uno sguardo soltanto apparentemente orizzontale, questa raccolta si fissa nella memoria come una prova molto ben calibrata di poesia confessionale, atta a dar conto di una lotta poetica tra grazia e sconforto, peccato e redenzione. 

Massimo Morasso (su Domestiche abitudini, settembre 2020)

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Il Diarietto è materico come la pietra e pulsante come la vita.

Matteo Munaretto (nota privata a Diarietto cattolico, 29 luglio 2018)

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E' un amore forte, mai romantico e piuttosto violento. Che lascia segni sul corpo e nell'anima e che danza al ritmo di quella musica che pulsa, che elettrizza e che riempie gli stadi di vibrazioni astratte. (link alla recensione)

Sophie Sarti  (su Sotto fasi lunari, 31 agosto 2017)

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... uno stile onesto e umile, trasparente e al tempo stesso riservato, intenso e vero come in fondo dovrebbe essere agostinianamente una confessione in cui ci si lascia lavorare da una Misericordia sempre provvidente (link alla recensione)

Alessandro Ramberti (su Diarietto cattolico, 17 agosto 2016)

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Nella sua semplicità e brevità, racchiude tanta profondità di un'anima sicuramente un po' complessa e in rivolta. (link alla nota)

Annalaura Diviccaro  (su Diarietto cattolico, 31 Luglio 2016)

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E' una lettura cadenzata, quella di Diarietto cattolico, una preghiera costante, che non si affanna, che richiede e merita tempo e anche, come spesso fa la poesia, la lettura ad alta voce. Una ricerca senza disperazione, ma con grande tensione, intensità. (link all'intervista)

Mariapia Cavani  (su Diarietto catolico, 24 Luglio 2016)

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Esiste tra le poesie di "Diarietto cattolico" una sospensione filosofica piuttosto evidente. Sono tentativi di realizzazione interiore, nella musicalità di versi originali e corretti. Il tutto sembra essere percorso da un intenso misticismo che si fa parola nell'artificio retorico, che torna a sua volta nelle dimensioni della ricerca esistenziale. (link alla nota)

Antonio Spagnuolo  (su Diarietto cattolico, 12 Luglio 2016)

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L'ossessione, quindi, di questa esile plaquette è tutta concentrata sulla certezza acquisita di un significato ultimo delle cose, di una realtà “buona” e che non delude, ma che allo stesso tempo costringe l'uomo a terremoti emotivi e traumi sentimentali che rafforzano (o ostacolano secondo una prospettiva capovolta) il compimento del proprio desiderio di disvelamento della verità.

Francesco Iannone (prefazione a Diarietto cattolico, Aprile 2016)

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Strade, campagne, automobili che macinano l'asfalto di strade secondarie, visioni collinari della città. C'è un forte immaginario legato alla provincia, e alla sua antropologia indefinita, dove la vita selvatica convive con elementi di urbanizzazione spinta. E poi c'è la musica, sempre, che gracchia da un'autoradio o risuona nella mente come colonna sonora di un momento. Sotto fasi lunari mi è sembrato a tratti una specie di diario notturno di un dj, una presenza che raccoglie i sospiri di una comunità di ideali ascoltatori, divisi dallo spazio, ma riuniti da una sorta di telepatia in un'unica voce. (link all'intervista)

Marco Bini (su Sotto fasi lunari, 10 Aprile 2016)

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Sotto fasi lunari ha una certa vocazione narrativa, una continuità di richiami tra i testi, accompagnata al fatto che la destinataria di molti di essi è - leopardianamente, e forse à la Zanzotto - la luna: interlocutrice, o lontano specchio psichico. La narratività è fatta di molti nomi di persona, di luogo: è un libro popolato. Come se chiamare, nominare direttamente le persone chiamasse a raccolta nel piccolo spazio della pagina. In più, le citazioni formano un paesaggio sonoro, generazionalmente condiviso, molto ben caratterizzato: si sente che Giorgio Casali ha a che fare con le onde radio. Quando nomina o ricorda gruppi indie o frammenti musicali, giocando di sponda con la vita che vive e con il paesaggio che attraversa, si capisce che propriamente non "cita" - citare può diventare qualcosa di antipaticamente accademico - ma "innesta". Non fa solo capire che suoni, testi, paesaggi musicali esistono, ma li fa rigermogliare nel suo linguaggio. Questo mi sembra uno dei pregi migliori del libro, che arriva forse da Tondelli, forse da altri padri fondatori dello spirito dei suoi luoghi; ma che - come ogni libro di poesia che si rispetti - non si capisce esattamente dove va. Narrativo e sospeso. Racconta una catena di cose che poi ogni lettore è chiamato a connettere e a chiudere.

Stefano Colangelo (nota a Sotto fasi lunari, 23 Novembre 2015)

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Gentile Giorgio Casali, desolatamente, ritrovo per caso questa mail dopo anni... e leggo le poesie, e sento un'innata simpatia per chi scrive così tanto della luna, e in questo modo così onesto, come Saba voleva. Il parere sarebbe questo, dunque, se può ancora essere ricevuto; e l'unico rilievo che posso muovere, timidamente, è quello di cercare di evitare le rime troppo facili (sempre seguendo Saba: una cosa è tentare per l'ennesima volta la rima fiore : amore, con coraggio; un'altra fidarsi ciecamente dei participi passati). La mando ben tre avverbi in -mente, mi scusi anche per questo; ma sono sicuro che, col mio parere o senza, lei ha continuato a scrivere, e ne sono contento.

Stefano Strazzabosco (nota privata a Sotto fasi lunari, Vicenza, 9 Novembre 2015)

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Sono componimenti brevi, quelli di Giorgio Casali, atti a catturare l'emozione del lettore in un unico momento. Scarsa è la punteggiatura, con la creazione di qualche neologismo tra le strofe. Tali versi sono intervallati da brevi testi di prosa poetica, che diventano parte integrante della narrazione. Le poesie sono disseminate di date: giorni importanti da celebrare o da ricordare tristemente. Si evince che la poesia di Giorgio Casali - un autore che evidentemente ha il dono della sintesi - non sia futile diletto di chi la scrive, bensì abbia il compito di dire sempre la verità, al fine di potersi porre al servizio dell'uomo. (link alla recensione)

Cristina Biolcati (recensione a Sotto fasi lunari, 5 Novembre 2015)

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Veloce, breve, si appunta le parole e poi le distende. Questo lungo manifesto dell'anima di Casali si intuisce sin dai primi versi, in "Poetica": "E non so che si cerca nelle luci/ o nei suoni delle strade nella gente/ nelle messe così piene di segni/ nei giorni che finiscono/ dopo l'alba ricominciano." La luce, il ciclo di vita, il cambiamento, l'energia ed il vivere la speranza sotto la protezione del sorriso della notte che è luna; questo è il percorso asciutto, sempre breve, pungente, al contempo maturo e fanciullo di Casali. (link alla recensione)

Annarita Borrelli (recensione a Sotto fasi lunari, Caltanissetta, Ottobre 2015)

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Oltre a questo occhio che filtra e decifra, ricerca e trova, a questo poeta che a volte è un po' sfrontato ("...eri bella e timorosa/ dei miei segni sulla pelle/ graffiti", Segni sulla pelle, p. 69) ma pure capace di ascolto ("ci sono cose che devo imparare", Dovremmo sdraiarci una sera, p. 67), che a tratti si nasconde e poi si espone con le parole dirette e ritmate di chi - lavorando in radio - ne conosce il peso specifico e il valore delle pause e il suono delle vibrazioni musicali; oltre a tutto ciò abbiamo un cuore che si confessa e fa della luna il luogo in cui proiettare la propria anima, le proprie pulsioni, le proprie con-siderazioni. (link alla recensione)

Alessandro Ramberti  (recensione a Sotto fasi lunari, Rimini, 2 Ottobre 2015)

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La performance ha visto integrarsi alla lettura delle poesie di Casali la proiezione delle immagini di Chiesi intervallate dalle musiche dei Siegfried. Alla riproduzione di taglio fotografico e monocromo dei dipinti si accostano il terso minimalismo dei versi circondati dai conglomerati fonici dei musicisti. La performance ha restituito nelle sue diverse espressioni la tensione alla luce che è contenuta anche nella più livida delle nostre giornate, lasciando spazi aperti, domande, suoni sospesi. (link alla nota)

Stefano Serri (nota sulla performance 19 paintings 19 poems, Fiorano Modenese, 27 Settembre 2014)

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Una poetica, quella di Giorgio Casali, che si richiama e ci ricorda quella di Cesare Pavese, nei suoi aspetti discreti e intimisti e dominata da storie semplici e vere, da paesaggi di provincia, da atmosfere notturne, nostalgie e coscienza del tempo che passa leggero sulla vita. Nei testi di Casali possiamo inoltre trovare un raffinato gioco di richiami, allusioni e incontri oltre che in campo musicale, con la letteratura del Novecento: Camillo (Sbarbaro), Pier Vittorio Tondelli (Altri libertini molto più cretini/ spendono il mattino a pensare al pomeriggio in Pieno di Benzina), Gianluigi Sacco, Andrea Salieri, il tuttoniente di Clemente Rebora (Notte senza sogni). (link alla recensione, pagg. 40-41)

Alessandra Carnovale (recensione a Sotto fasi lunari, 14 Settembre 2014)

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Una poesia ricca di luminosità per quei riflessi inclinati tra i colori del tramonto e le sinuosità dell'alba, tra il biancore lunare e lo splendore del mattino. Le incertezze del poeta prendono forma ed intuizione per un ritmo musicale che insiste con delicatezza e che privilegia simboli e segni, quasi sempre lontani dalle ombre e dagli imprevisti. Anche se cerca di indagare in qualcosa di quotidiano, che illuda emotivamente, egli si riappropria dell'immediato, tra i gioielli costruiti dello stupore e, nella complicità del graffio, della sofferenza, del mistero, del racconto, riesce a partecipare schematicamente alle sottili e percepibili vibrazioni delle espressioni o di quel percorso che si fa con la memoria nel tentativo di attingere specularmente anche l'oblio. Anche nelle velature la scrittura è essenziale, senza sbavature, decisamente puntuale nella struttura. (link alla nota)

Antonio Spagnuolo (nota a Sotto fasi lunari, Napoli, 11 Maggio 2014)

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La sua è una spiritualità di strada (di tangenziale, veramente), di chi gode della vista di cose in transito, con il semaforo rosso come pretesto per ritardare il ritorno a casa; di chi in macchina a volte ci dorme, di sedili e poggiatesta macchine piegati sotto l'effetto soporifero di una notte non proprio giovane, "regolati su frequenza sogno in stereo". Il navigatore con satellite lunare tratteggia una mappa di sensazioni già e non ancora consumate e di desideri impertinenti confessati su carta. (link alla recensione)

Chiara Ferrari (recensione a Sotto fasi lunari, Sassuolo, 14 Ottobre 2013)

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Il modenese Giorgio Casali, dagli accenti musicali indie, si "scarica" nella finzione amorosa non durevole per costituzione, disperso dentro l'illusione periferica di un nostalgico durante.

Matteo Bianchi (dalla prefazione all'antologia Poeti di corrente, Le voci della luna, Aprile 2013)

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Definitosi "liberoversista", Casali possiede un lirismo disinvolto, tutt'altro che retorico, rapido e asciutto, che piega la sintassi del verso al contenuto: e più è forte, è decisivo il contenuto, più la sintassi è flessa in suo favore, arco pronto a scoccare un'impressione. Una scelta audace quanto il suo temperamento che, però, si conserva genuino e coerente. (link alla nota)

Matteo Bianchi (articolo sulla plaquette inedita Mense maio, Ferrara, 25 Gennaio 2013)

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Non credo di sbagliare se dico che il luz, il nocciolo duro e immortale dal quale sempre si riparte, della poesia di Giorgio Casali sia la luce, in un modo tutto velato e poi subito svelato, in un mondo venuto addosso sempre un po' oscuro e quindi sempre un po' incerto ma vissuto come ampolla dove si creano i destini, ogni ciclo vitale, ogni ragione. La luce, certamente, e - sopra e sotto quella - il tempo. Calendari, giorni, conti, mutazioni, movimenti non sono altro che figli e spettri, prodotti e apparizioni di una durata temporale. Una durata che scansa i semplici conteggi e anniversari, però. E' una durata piena che parte e torna là dove esiste il desiderio. L'io di Giorgio e gli altri suoi personaggi sono anime che de-siderano, nel senso di sentire la mancanza delle stelle. E non perché hanno cessato di volere, piuttosto perché sono fermi sotto gli astri e contemplano e sempre attendono. Un desiderio attivo, una volontà di aspettare e così diventare parte degli accadimenti più singolari. Dal tempo, Zeit, al giornale che decifra e dà notizia, una sorta di Zeitung. E' questa la capacità di Casali: sapersi nell'unico fluire e subito dopo insistere nel conteggio e nello spezzettamento, nella cronaca quotidiana dei singoli e apparentemente insignificanti attimi, perché noi siamo recipienti con poca capacità eppure aspettiamo l'infinito, aneliamo a questo. (link alla prefazione)

Anna Ruotolo (prefazione a Sotto fasi lunari, Maddaloni, 2013)

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Le parole sono frecce, lineari, semplici, colpiscono al cuore in cinque o meno secondi, per cui anche al lettore poetico esigente consiglio di disporsi alla lettura senza preoccuparsi di snocciolare mano a mano la ricchezza retorica o simbolica o metaforica del contenuto, ed immaginare solo una - una? - tenera e passionale storia d'amore a ciclo stagionale. Stagioni dell'anima? Non sembra proprio. Si tratta piuttosto di veri moti e mutamenti climatici e ambientali che avvengono in un dato luogo della terra - Prignano incluso - nel corso dell'anno, quelli che la scaldano, la bagnano, la raffreddano, la dipingono, la muovono. d'altra parte la terra è, almeno in grammatica, femmina, e da tale la tratta il poeta, tanto da fonderla con il suo oggetto del desiderio, con cui a volte egli stesso si fonde. (link alla prefazione)

Chiara Ferrari (prefazione a Poesie, Sassuolo, Dicembre 2012)

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Giorgio Casali usa l'astuzia dei suoi versi limpidi per indagare la notte. La notte, e la morte, che già indagò Rilke: la morte pura, la morte ancor prima della vita "trattenerla con dolcezza senza essere malvagi" - scrive così Rilke nella quarta elegia. Casali letteralmente fa schiantare contro la sua quotidianità le meditazioni della metafisica cristiana, ricavandone - seppure a fatica e con tribolazione - "una musica tranquilla". (link alla nota)

Riccardo Raimondo (commento a tre inediti poi confluiti in Sotto fasi lunari, Siracusa, 30 Settembre 2012)

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Ho letto Sotto fasi lunari e penso si tratti di un buon libro. Confesso che all'inizio l'esergo proposto e preso da Ferie d'agosto mi aveva creato l'aspettativa di trovarmi davanti a una probabile elegia della campagna, oltre che ovviamente davanti all'ultima fase dell'adolescenza che va al tramonto e s'infutura nell'autunno della maturità. Il suo lavoro, invece, è di concezione metropolitana, anche se collocato su un fondale scenico di provincia e di periferie urbane. Però, appare metropolitana la concezione poetica, che si gioca in un groviglio di nevrosi con sé stessi e i prossimo, al di fuori del rapporto con la natura, che resta leopardianamente relegata in cielo, appesa al pallore della luna, al suo incessabile divenire di fasi alterne, che segnano vita e morte. C'è il tempo da vivere e da soffrire, le cose da fare, i locali di musica techno, disco music, serate da bere e da fumare, il sesso, il sogno, la corsa in macchina, l'attesa dell'alba, il sonno sgangherato, un orizzonte scombiccherato e franto, ritagli e spigoli, panorami interrotti. Tutto ciò, insomma, costituisce il sicuro patrimonio poetico della poesia metropolitana, che, almeno in parte, è figlia della poetry on the road dei beats. Ma certamente in lei il riguardo dei classici è notevole, molto presente e silente, disciolta nella forma del verso (mioddio, quanti endecasillabi, e tutti bellissimi!), nella formazione della mente: c'è lo scavo, la ricerca, cercare la profondità e la collocazione, non fermarsi solo all'intreccio, alla trama dei fatti, ma toccare le ragioni che stanno alla sorgente del dolore, il male di vivere.

Sandro Gros-Pietro  (nota alla bozza di Sotto fasi lunari, Torino, 20 Aprile 2012)

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Come dilatare la prospettiva di Bukowski, secondo cui "una poesia è questa città adesso, cinquanta miglia dal nulla, le 9.09 del mattino, il gusto del liquore e delle sigarette", ad un continuum di vite vissute chiamate per convenzione provincia? Leggendo Notte provincia si può rispondere così: facendo della poesia una strada. Quindi componendo senza una metrica da rispettare, sigillando strofe diverse e sconnesse che scavalcano gli spazi per rincorrersi. Aggiungerei scrivendole per il lettore, cioè di modo che si legga tutto d'un fiato, con una finezza nel delineare la sagoma notturna di certe sensazioni, ma allo stesso tempo con l'attenzione nel farle sentire parte anche di chi si accosta a letture più immediate. Nonostante il verso completamente libero, c'è ritmo: il fatto che tutta la poesia sembri corrispondere a qualcuno che pensa e ricorda, rende giustizia a chi ha lasciato un solco lungo quelle strade, sia di piedi che di ruote, e che cambia stato d'animo man mano che le riattraversa. (link alla recensione)

Chiara Ferrari (recensione a Notte provincia, Milano, 30 Maggio 2011)

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Un poeta giovanissimo eppure incredibilmente maturo. Giorgio Casali, originario del modenese, porta nei versi curati e sofferti, atmosfere che richiamano alla mente quelle di Cesare Pavese, una poetica discreta e intimista fatta di cose semplici e vere, di sogni maturati in provincia, di atmosfere notturne fatte di docili abbandoni, nostalgie e coscienza del tempo che passa leggero sulla vita (link alla nota)

Renato Fiorito  (nota a Notte provincia, Napoli, 16 Febbraio 2011)

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A parte una certa avversione per l'ermetismo troppo spinto, che a volte rischia di sconfinare in puro individualismo, trovo alcuni componimenti molto riusciti. Tra i miei preferiti sono "La penna", "La quercia", "La luna" (qui c'è una virgola dopo "timida" che proprio non va bene). Perché accenta "Caffelàtte", se la parola è piana? Perché gli insetti sono "putridi" (in "Lasciate"): un luogo comune da evitare, semmai sono le tane ad esserlo. La sua è poesia frutto di un lavoro onesto e sono certo che le dà e le darà molte soddisfazioni.

Paolo Tinti  (nota privata a Attaccamenti, 5 Ottobre 2010)

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Le parole, nella lirica di Casali, sono elementi chimici allo stato puro: con la lezione dell'ermetismo ben presente, egli compone versi il cui unico metro sono la grande chiarezza e la costante semplicità. Solo così, sembra dirci il poeta, i pensieri e i sentimenti possono tornare alla gente, da dove sono venuti, e infondere nuova forza e rinnovata energia. 

Giordana Evangelista  (dalla prefazione a Attaccamenti, Giugno 2010)


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